McDonald’s Happy Meal Project: il cibo immortale

di Anna 11 settembre 2010
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Sono molte le ricerche condotte sugli alimenti dei fast-food e sulla loro resistenza alla decomposizione. Sulla scia dell’inquietante documentario “Super size me”, “McDonald’s Happy Meal Project” è un esperimento artistico per testare la presunta immortalità dei prodotti della celebre catena di fast-food.

La fotografa newyorkese Sally Davies ha presentato alla stampa nelle ultime settimane i risultati del suo esperimento. La Davies ha conservato e fotografato una porzione di patatine e un hamburger per 145 giorni. L’aspetto del cibo è rimasto praticamente invariato, dimostrando come muffe e batteri non possano attecchire sui prodotti Mc Donald’s.

Da un’inchiesta commissionata dalla rivista Salon a diversi esperti, arriva la conferma di come sia l’alto contenuto di sale e grassi, unito alle elevate temperature di cottura e ai conservanti, a rendere inattaccabili i cibi Mc Donald’s, anche per molte settimane.

Le patatine fritte sopravvivono alla decomposizione grazie all’acido citrico e ai grassi. Metà delle calorie che contengono sono da attribuire ai grassi. L’alta percentuale di grassi fa sì che le patatine abbiano poca umidità e quindi minor possibilità di sviluppare muffe, come conferma il professor Barry Swanson, della Washington State University.

Anche la forma delle patatine contribuisce a renderle delle vere highlander: sono molto sottili. Durante la frittura, a temperature elevatissime, perdono l’umidità e gli agenti patogeni vengono eliminati. Infine, sono abbondantemente ricoperte di sale, che è da sempre noto come un ottimo conservante naturale.

Anche la carne ha percentuali di grasso molto alte, tra il 37 e il 54 per cento, e subisce una cottura a temperature elevatissime, che abbatte i batteri presenti. Per la conservazione del pane vengono usati il propanoato di calcio e quello di sodio.

Marion Nestle, direttrice delle ricerche per la New York University, ha dichiarato che deve essere usata una grossa quantità di propanato di sodio, un comune conservante alimentare, per sopprimere la crescita di batteri e muffe.

Un altro esperto intervistato, Sean O’Keefe, professore alla Virginia Tech, sottolinea però come questi conservanti siano presenti in tutti i cibi confezionati e nei prodotti dei fast-food.

L’attenzione, quindi, deve essere puntata sulla qualità di questa tipologia di prodotti, malsani perché ricchi di sale e grassi e quasi totalmente privi di sostanze nutritive, più che stigmatizzare la singola catena commerciale.

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